Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 52876 del 14 dicembre 2016

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 52876 del 14/12/2016
Circolazione Stradale - Artt. 9-ter del Codice della Strada - Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore - Nozione di gara di velocità - E' configurabile una gara di velocità fra due o più veicoli quando, anche durante il percorso su strada e senza preventivo accordo e unicamente per decisione estemporanea di entrambi o di tutti i conducenti, si accenda direttamente una contesa consistente nel tentare di sorpassarsi e di superarsi reciprocamente in velocità; la volontà di ciascuno dei contendenti è, in qualche modo, frutto del trascinamento alla contesa da parte dell'altro, derivando un vicendevole condizionamento delle modalità di guida, in cui, a fronte della volontà di competere l'uno con l'altro, vi è tuttavia una sorta di tacito accordo di ingaggiare la gara e di proseguirla fino a che non vi sia uno che prevale.


RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del Riesame di (Omissis), con ordinanza resa il 19 luglio 2016, riformava parzialmente l'ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale a carico di (Soggetto 1), in relazione al reato p. e p. dall'art. 9-ter C.d.S., comma 2, contestato come commesso in (Omissis) la notte del (Omissis). Il collegio (Omissis), pur confermando il quadro indiziario in ordine al reato contestato (gara in velocità non autorizzata tra autoveicoli, dalla quale scaturiva il decesso di (Soggetto 2)) e riconoscendo la sussistenza di esigenze cautelari, sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere originariamente applicata con quella degli arresti domiciliari con l'applicazione di dispositivo di controllo elettronico a distanza.

1.1. Nel ricostruire la dinamica dell'evento, il Tribunale del Riesame fondava il proprio convincimento in particolare sulle testimonianze oculari di (Soggetto 3) e (Soggetto 4) (rispettivamente madre e figlio), nonché in base alle riprese tratte da alcune telecamere posizionate sul percorso; a parte alcune marginali dissonanze, gli elementi forniti dai due dichiaranti venivano ritenuti complessivamente attendibili e tali da poter trarre il convincimento che il (Soggetto 1), alla guida della sua Fiat (Omissis), aveva ingaggiato una gara di velocità nell'abitato di (Omissis) con tale (Soggetto 5), che guidava una Audi (Omissis). L'ordinanza descrive le varie fasi della presunta competizione fra le due autovetture per come riferite dalle fonti di prova orali (non solo la (Soggetto 3) e il (Soggetto 4), ma anche tale (Soggetto 6), pur ritenuto meno attendibile), ivi compresi i sorpassi vicendevoli tra le due auto a velocità elevata; alcune di queste fasi sono riscontrate o comunque illustrate dai filmati tratti dalle telecamere, che peraltro non coprivano l'intero percorso.

Nel tratto finale del percorso, la Audi lasciava dietro di se’ la Fiat (Omissis) condotta dal (Soggetto 1) e andava a impattare con l'auto della vittima, uccidendola.

1.2. Sul piano indiziario, quindi, l'ordinanza ravvisa gli estremi di una gara di velocità tra le due autovetture, caratterizzata da alta velocità e manovre spericolate, conclusasi con l'impatto fra l'auto del (Soggetto 5) e quella della (Soggetto 2), che in conseguenza dell'urto decedeva. Sul piano delle esigenze cautelari, il pericolo di recidivanza da parte del (Soggetto 1) è ravvisato dal Tribunale (Omissis) in base alle specifiche modalità della sua condotta dissennata alla guida; a ciò si aggiunga la passione dell'indagato per le auto da corsa, da lui stesso ammessa e peraltro testimoniata dal materiale presente sulla sua pagina Facebook. Viene peraltro ritenuta sufficiente e adeguata la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, idonea ad assicurare una costante restrizione e un costante monitoraggio del prevenuto.

2. Avverso la prefata ordinanza ricorre il (Soggetto 1), per il tramite del suo difensore di fiducia. Il ricorso consta di tre motivi di doglianza, più un motivo nuovo successivamente depositato.

2.1. Con il primo motivo l'esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla valutazione degli elementi indiziari; deduce il ricorrente che il Tribunale adito ha tratto il proprio convincimento esclusivamente sulla base delle dichiarazioni della (Soggetto 3) e del (Soggetto 4), minimizzando le contraddizioni - in realtà per molti versi fondamentali - fra le affermazioni dei suddetti dichiaranti e quelle sussistenti fra il loro narrato e le videoriprese tratte dalle telecamere presenti sul percorso. Dopo un'accurata disamina di tali contraddizioni, in alcuni casi rilevate dallo stesso Tribunale nell'ordinanza impugnata, il ricorrente evidenzia che il Tribunale ha ingiustamente ritenuto meno attendibili le circostanze riferite non solo da (Soggetto 7) (passeggero dell'auto condotta dall'indagato e, perciò, sospettabile di non neutralità), ma anche da (Soggetto 6), teste oculare affatto neutro, il cui racconto diversamente da quanto affermato nell'ordinanza impugnata - è assai preciso, lineare e ricco di particolari: dalle dichiarazioni del (Soggetto 6), riscontrate dalle videoriprese, emerge infatti che non vi fu alcuna gara in velocità fra le due auto; l'autovettura del (Soggetto 1) rallentò visibilmente al semaforo di (Omissis) nonostante vi fosse la luce verde, mentre l'Audi proseguì la sua folle corsa; e successivamente, tra il momento dell'impatto dell'Audi con l'auto della (Soggetto 2) e il sopraggiungere della Fiat (Omissis) del (Soggetto 1) (ad andatura moderata), passarono ben 16 secondi.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso l'esponente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alle esigenze cautelari, ravvisate dal Tribunale peloritano sulla sola base della sua condotta, giudicata dissennata, laddove si tratta di un giovane incensurato, alla sua prima esperienza giudiziaria e al quale oltretutto è stata sequestrata l'autovettura con la quale avrebbe posto in essere la condotta a lui addebitata.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso l'esponente si duole della violazione di legge (ed in specie del principio di proporzionalità delle misure cautelari di cui all'art. 275 c.p.p.) e del vizio di motivazione dell'impugnata ordinanza, con riguardo alla scelta della misura degli arresti domiciliari, misura che il ricorrente qualifica come sproporzionata rispetto alle esigenze cautelari, che potevano essere fronteggiate con altra misura meno afflittiva.

2.4. Con il motivo nuovo, come da atto depositato il 3 novembre 2016, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento ai gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari, deducendo che la condotta alla guida del (Soggetto 1) deve essere rivalutata sotto tali profili alla luce della consulenza tecnica esperita su incarico del Pubblico ministero, in base alla quale risulta che il sunnominato non ebbe mai a rincorrere, ne’ a sorpassare il (Soggetto 5).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Conviene premettere che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità: cfr. Sez. U, Sentenza n. 11 del 22/03/2000, A., Rv. 215828; e, più di recente, Sez. 4, Sentenza n. 26992 del 29/05/2013, T., Rv. 255460).

1.1. Ciò posto, deve rilevarsi che effettivamente l'ordinanza impugnata evidenzia alcune criticità nel dichiarato dei testi oculari (Soggetto 3) e (Soggetto 4), specie nella parte in cui le dichiarazioni di costoro vengono poste a confronto con le dichiarazioni rese dal (Soggetto 6) e con le riprese filmate ricavate dalle telecamere presenti su una parte del percorso: la brusca ripartenza dell'auto del (Soggetto 1), allo scatto del verde del semaforo presso la Prefettura, riferita dalla (Soggetto 3), è smentita dalle immagini delle videocamere ivi presenti, dalle quali emerge che la Fiat (Omissis) condotta dall'indagato partì con ritardo anche rispetto alla stessa autovettura della (Soggetto 3). Le dichiarazioni del (Soggetto 4) circa la condotta delle due autovetture dopo il semaforo di (Omissis) (il teste parla di superamento del semaforo rosso da parte di ambedue gli automezzi) sono disattese non solo dal (Soggetto 6), che afferma che la Fiat (Omissis) rallentò nonostante il semaforo verde mentre la Audi (Omissis) lo superò a forte velocità, poco prima di impattare contro l'auto della (Soggetto 2); ma anche dalle stesse videoriprese, in base alle quali dall'impatto al sopraggiungere dell'auto del (Soggetto 1) passano 16 secondi (sebbene il Tribunale del Riesame spieghi la circostanza con la possibilità che l'odierno indagato avesse rallentato la marcia alla vista dell'incidente mortale).

1.2. Peraltro, a fronte di tali elementi di parziale contraddittorietà e imprecisione dichiarativa, l'ordinanza impugnata rende ragione di una serie di indicazioni, sufficientemente chiare ed univoche, ricavabili non solo dalle deposizioni delle persone presenti al fatto, ma anche dalle riprese filmate: indicazioni deponenti per una condotta che, quanto meno a un livello indiziario, può dirsi qualificabile come gara di velocità in cui le due autovetture si sorpassavano più volte a vicenda e compivano manovre pericolose, alternando tale condotta con fasi nelle quali l'auto che si trovava davanti rallentava per aspettare quella che seguiva e riprendere la competizione.

1.3. Ciò, a ben vedere, soddisfa i requisiti motivazionali indicati dalla giurisprudenza di legittimità ai fini cautelari che qui interessano, e induce a non ravvisare la sussistenza del vizio di motivazione in ordine alla portata degli elementi indizianti. Detti elementi vanno ritenuti sussistenti, e caratterizzati da gravità, ove rapportati alla nozione di gara di velocità ricavabile dalla fattispecie di cui all'art. 9 ter C.d.S.: nozione che è configurabile quando fra due o più veicoli si accenda direttamente durante il percorso su strada, senza preventivo accordo e unicamente per decisione estemporanea di entrambi o di tutti i conducenti, una contesa consistente nel tentare di sorpassarsi e di superarsi reciprocamente in velocità; la volontà di ciascuno dei contendenti è, in qualche modo, frutto del trascinamento alla contesa da parte dell'altro; ne deriva un vicendevole condizionamento delle modalità di guida, in cui, a fronte della volontà di competere l'uno con l'altro, vi è tuttavia una sorta di tacito accordo di ingaggiare la gara e di proseguirla fino a che non vi sia un vincitore, ossia il più veloce.

1.4. Sotto il profilo della causazione del decesso della (Soggetto 2), esso pure deve ricondursi alla condotta di gara tra l'auto del (Soggetto 1) e quella del (Soggetto 5) (il quale si scontrò con l'auto della (Soggetto 2)), atteso che la velocità elevata mantenuta da quest'ultimo, e che si pone come antecedente causale finale del sinistro, derivava a sua volta dalla tensione agonistica e dall'ingaggio della pregressa competizione, alla quale, per quanto detto, deve ritenersi che il (Soggetto 1) abbia partecipato.

2. Quanto al secondo motivo di ricorso, esso è parimenti infondato.

Il Tribunale del Riesame ha, infatti, argomentato il pericolo di reiterazione di reati della stessa indole sulla base delle particolari modalità della condotta alla guida tenuta dal (Soggetto 1), qualificata come sconsiderata, nonché sulla base della sua spiccata passione per le auto da corsa, in ordine alla quale l'ordinanza impugnata fornisce elementi oggettivi desumibili da una nota della Polizia Municipale di (Omissis) (e dalla pagina Facebook dell'indagato), da cui fra l'altro emerge la pregressa partecipazione dell'indagato, con la stessa autovettura da lui condotta in occasione del reato, a una gara in un circuito cittadino chiuso al traffico.

Tale percorso argomentativo si conforma all'indirizzo espresso in materia dalla Corte di legittimità, nell'affermare che, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dell'esigenza cautelare del pericolo di recidiva ed alla scelta della misura coercitiva in concreto adeguata a soddisfarla, la pregressa incensuratezza dell'indagato ha valenza di mera presunzione relativa di minima pericolosità sociale, che ben può essere superata valorizzando l'intensità del pericolo di recidiva desumibile dalle accertate modalità della condotta in concreto tenuta (cfr. ad es. Sez. 2, Sentenza n. 4820 del 23/10/2012, dep. 2013, M., Rv. 255679).

3. E' parimenti infondato il terzo motivo di ricorso.

Circa la scelta della misura, il Tribunale del Riesame, pur sostituendo la custodia cautelare precedentemente applicata al (Soggetto 1) con gli arresti domiciliari (con applicazione di supporto elettronico a distanza), ha sinteticamente ma sufficientemente indicato le ragioni per le quali la misura prescelta, benché meno afflittiva di quella originaria, fosse priva di alternative di minore gravità coercitiva, valorizzando "l'incapacità dell'indagato di orientare autonomamente le proprie scelte secondo regole minime di prudenza e buonsenso", che costituisce la ragione che rende necessaria "una continua limitazione della libertà di locomozione dell'indagato, prevenendo la reiterazione di contegni specifici"; in sostanza, il fondamento motivazionale della pur mitigata risposta cautelare al reato è costituito dall'inidoneità specialpreventiva di misure che non siano caratterizzate da costante restrizione del prevenuto, non potendosi fare affidamento, secondo il Tribunale (Omissis), sull'astensione del medesimo dal commettere nuovi reati della stessa specie.

4. Il motivo nuovo di ricorso deve invece considerarsi inammissibile, in quanto proteso a sollecitare in questa sede di legittimità una rivalutazione in fatto demandata al giudice di merito e che si sottrae al sindacato di legittimità. In particolare, sotto il profilo del denunciato vizio di motivazione ed in relazione alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, va osservato che alla Corte spetta esclusivamente il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, A., Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, T., Rv. 255460). Per le ragioni anzidette, va qui ribadito che il Tribunale del Riesame ha convenientemente e adeguatamente motivato in ordine alla consistenza del quadro indiziario e di quello cautelare; e le risultanze della consulenza tecnica in atti, oltre a non essere valutabili nel merito in questa sede, non ne comportano alcuna sostanziale alterazione, avuto riguardo agli ulteriori e diversi elementi indizianti, valorizzati dal Tribunale peloritano e dianzi illustrati, che depongono in senso contrario alla prospettazione del ricorrente.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016.

 

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