Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 24214 del 5 giugno 2015

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 24214 del 05/06/2015
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool - Accertamento strumentale - Temperatura di esercizio - Gli apparecchi in uso alle Forze di Polizia che prevedono un sistema di autodiagnosi idoneo a segnalare eventuali anomalie, compresa una temperatura esterna non compatibile con il corretto funzionamento dell'apparecchio, devono procedere automaticamente alla verifica del buon funzionamento prima di ogni misura, visualizzandone il risultato prima e dopo ogni misura che abbia portato ad un risultato superiore al valore massimo consentito e riportando il risultato della misurazione fornito soltanto dopo la verifica del buon funzionamento. In caso di anomalia, difetto o segnale di errore, lo strumento non deve fornire un risultato che possa essere considerato valido.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13/3/2013 il Tribunale di Treviso dichiarava (Soggetto 1) responsabile del reato p. e p. dall'art. 186 C.d.S., commi 2, lett. c) e comma 2-sexies a lui ascritto per aver guidato un'autovettura in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche (tasso alcolemico accertato mediante alcoltest pari a 1,90 g/l alla prima misurazione e a 1,86 g/l alla seconda), con l'aggravante di aver commesso il fatto in ora notturna: fatto accertato il (OMISSIS).

Esclusa l'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2-bis, l'imputato era condannato alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 2.000 di ammenda, sostituita con la sanzione del lavoro di pubblica utilità per la durata di giorni 188; era altresì disposta la sospensione della patente di guida per la durata di un anno e la confisca amministrativa del veicolo.

La condanna era fondata sugli esiti degli accertamenti compiuti dagli agenti della polstrada di (OMISSIS) intervenuti in occasione del sinistro occorso al prevenuto il quale, trovandosi nottetempo alla guida della sua autovettura, era uscito di strada invadendo un'aiuola spartitraffico e abbattendo la segnaletica stradale ivi presente e un tratto di guardrail.

Avendo notato sintomi tipici dello stato di ebbrezza gli agenti avevano sottoposto il (Soggetto 1) alle prove mediante alcoltest che avevano dato gli esiti sopra indicati.

2. Interposto gravame da parte dell'imputato, la Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 23/6/2014, confermato il giudizio di penale responsabilità, in parziale riforma della sentenza impugnata concedeva le attenuanti generiche e riduceva pertanto la pena a mesi 4 di arresto ed Euro 1.500 di ammenda, sostituita con 126 giorni di lavoro di pubblica utilità.

Le iterate tesi difensive - secondo cui lo stato alcolemico rilevato era da attribuirsi alla consumazione di una bottiglietta di whisky successivamente all'incidente per riprendersi dallo choc subito e secondo cui inoltre i valori rilevati dall'etilometro dovevano ritenersi falsati dalla temperatura inferiore allo zero termico - erano disattese dalla Corte territoriale: la prima, per non avere fornito l'imputato prova alcuna a supporto del proprio assunto, su di esso ricadendo il relativo onere a fronte degli esiti positivi delle prove alcoolimetriche; la seconda sulla base del rilievo che le condizioni atmosferiche di quella notte si discostavano, alla luce della documentazione in atti, al più solo minimamente dallo zero termico e che, inoltre, la consueta collocazione dell'apparecchio all'interno dell'autovettura di servizio, in un posto quindi riparato, e la produzione di un risultato utile, erano di per se’ prova del corretto e attendibile funzionamento dello strumento.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato, per mezzo del proprio difensore, articolando otto motivi.

3.1. Con il primo deduce la nullità della notifica del decreto di citazione in appello e della susseguente sentenza, in quanto eseguita a mezzo raccomandata postale all'indirizzo di (OMISSIS), e non a quello dichiarato di (OMISSIS), non risultando nemmeno recapitata la comunicazione di avviso di deposito (CAD).

3.2. Con il secondo, terzo, quarto e quinto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta attendibilità degli esiti della prova mediante etilometro.

Lamenta che, a fronte del denunciato utilizzo dell'apparecchio etilometro ad una temperatura esterna inferiore alla soglia di utilizzo di 0 gradi centigradi imposta dal manuale d'uso del etilometro e dal D.M. n. 196 del 1990 e in presenza di umidità, la Corte territoriale ha attribuito rilievo, al fine di escludere che tali condizioni potessero ostare all'attendibilità degli esiti rilevati, da un lato a una nota in data 17/1/2012 del Ministero dei trasporti, Centro Superiore Ricerche Prove Autoveicoli Dispositivi, citata nella sentenza di primo grado, nella quale si dà atto dell'avvenuta sperimentazione del funzionamento dell'etilometro anche in condizioni ambientali esasperate, fino a una temperatura di - 15, dall'altro, all'asserita consueta collocazione dell'apparecchiatura dentro autovettura di servizio, in un posto quindi riparato, ossia rispettivamente a un documento non acquisito in dibattimento e ad una circostanza priva di alcun supporto probatorio.

3.3. Con il sesto motivo il ricorrente deduce la mancata assunzione di prova decisiva, tale secondo il ricorrente dovendo considerarsi, sempre in relazione al suindicato tema, la traduzione giurata del manuale d'istruzioni rilasciato dalla casa costruttrice dell'apparecchio etilometro nonché l'acquisizione dell'allegato tecnico al D.M. 22 maggio 1990, n. 186 del Ministero dei trasporti.

3.4. Con il settimo motivo, per l'ipotesi in cui possa ritenersi che a fondamento della decisione impugnata siano anche le dichiarazioni del teste (Soggetto 2). relativamente alle condizioni soggettive di esso imputato direttamente percepite dagli agenti della polstrada, il ricorrente deduce violazione di legge posto che tali condizioni potrebbero al più giustificare sul piano probatorio la riconduzione del fatto all'ipotesi meno grave di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a).

3.5. Con l'ottavo motivo deduce violazione del criterio di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio dettato dall'art. 533 c.p.p., comma 1.

Deduce che la Corte d'appello, omettendo di adeguatamente valutare la tesi difensiva secondo l'assunzione di alcol era avvenuta successivamente all'incidente, in se’ razionale e plausibile, si è posta in aperto contrasto con il principio richiamato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. È infondato il primo motivo di ricorso.

L'avvenuto inserimento nella cassetta postale da parte dell'agente postale del plico contenente l'atto giudiziario da notificare implica l'accertamento del rinvenimento nell'indirizzo indicato del domicilio del destinatario, sebbene nell'assenza di quest'ultimo; accertamento bensì superabile da prova contraria e non necessariamente, alla stregua di querela di falso (v. Sez. 5, n. 3215 del 22/05/1998, Tonini, Rv. 211305), con onere però a carico dell'interessato che deve fornirla in modo preciso e rigoroso.

Nel caso di specie tale prova non è stata in alcun modo fornita, limitandosi il ricorrente a segnalare una marginale difformità nella indicazione del numero civico ("4/B", invece che "4") come tale inidonea per le ragioni dette a dimostrare di per se’ l'inesattezza di tale accertamento, ne’, conseguentemente, la nullità della notifica.

Peraltro, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, la comunicazione di avviso di deposito (CAD) risulta inviata esattamente all'indirizzo di (OMISSIS) indicato come corretto in ricorso, con esiti analoghi: il plico infatti anche in tal caso non è stato consegnato al destinatario per temporanea assenza dello stesso, ne’ successivamente ritirato nel termine previsto presso l'ufficio postale.

5. Sono altresì infondati i restanti motivi, congiuntamente esaminabili in quanto tutti diretti a contestare, alla stregua di vari concorrenti argomenti, spesso ripetitivi, l'attendibilità della misurazione del tasso alcolemico in presenza di una temperatura esterna inferiore a 0 centigradi.

La Corte territoriale ha offerto congrua motivazione in merito all'attendibilità degli esiti dell'accertamento mediante etilometro, anche richiamando la strutturazione degli apparecchi in uso alle Forze di Polizia (Drager Alcoltest 7110 MK), che prevede un sistema di autodiagnosi idoneo a segnalare eventuali anomalie, ivi compresa una temperatura esterna non compatibile con il corretto funzionamento dell'apparecchio. Secondo tale sistema gli strumenti devono procedere automaticamente alla verifica del buon funzionamento prima di ogni misura, visualizzandone il risultato prima e dopo ogni misura che abbia portato ad un risultato superiore al valore massimo consentito.

Il risultato della misurazione deve essere fornito soltanto dopo la verifica del buon funzionamento. Quando una anomalia, un difetto o un segnale di errore sono rilevati, particolarmente in sede di controllo di buon funzionamento, lo strumento non deve fornire un risultato che possa essere considerato valido.

Il fatto dunque che l'apparecchio abbia regolarmente emesso gli scontrini utilizzati per documentare il tasso alcolemico rilevato, unitamente alle altre circostanze valorizzate in sentenza, non consente di revocare in dubbio il corretto funzionamento dello stesso nè la congruità della pronuncia che ha ritenuto dimostrata la funzionalità dell'apparecchio al momento della rilevazione, con carattere assorbente rispetto ad ogni altra considerazione.

A fronte di tali considerazioni, in se’ coerenti e valide sul piano logico giuridico, il ricorrente adduce ingiustificati dubbi circa il corretto funzionamento dell'apparecchio in questione, peraltro riproponendo considerazioni ed obiezioni in fatto, non deducibili nella sede di legittimità, ed in buona parte già esaminate e giustamente ritenute infondate dal giudice del gravame.

6. Mette conto in proposito ribadire che, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova di per se’ e da sola idonea a fondare il convincimento della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione (v. ex pluribus, Sez. 4, n. 42084 del 04/10/2011, Salamone, Rv. 251117; Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011, Neri, Rv. 250324).

A tal fine non può considerarsi sufficiente la mera allegazione di circostanze asseritamente idonee in astratto a falsarne gli esiti, occorrendo al riguardo dimostrare che, nel caso concreto, quelle circostanze hanno di fatto comportato un difettoso funzionamento dell'apparecchio ovvero condotto ad esiti manifestamente erronei, tanto più ove si tratti - come nella specie, alla stregua di quanto evidenziato nelle sentenze di merito - di circostanze espressamente considerate nella taratura e omologazione dell'apparecchio, in modo tale da portare, ove effettivamente determino nel caso concreto condizioni ostative a un suo corretto funzionamento, al rilevamento in autodiagnosi dell'impossibilità di svolgimento del test.

7. Ne’ ad una diversa conclusione sul punto può indurre la modifica introdotta dalla L. 6 febbraio 2006, n. 46, art. 5 mediante la sostituzione dell'art. 533 c.p.p., comma 1 con la disposizione secondo cui "il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato al di là di ogni ragionevole dubbio".

Secondo l'opinione prevalente in giurisprudenza, infatti, tale novella non ha avuto sul punto un reale contenuto innovativo, non avendo introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova, essendosi invece limitata a codificare un principio già desumibile dal sistema, in forza del quale il giudice può pronunciare sentenza di condanna solo quando non ha ragionevoli dubbi sulla responsabilità dell'imputato. La novella, dunque, non avrebbe inciso sulla funzione di controllo del giudice di legittimità che rimarrebbe limitata alla struttura del discorso giustificativo del provvedimento, con l'impossibilità di procedere alla rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della sentenza e dunque di adottare autonomamente nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (v., in tal senso, tra le ultime pronunce, Sez. 5, n. 10411 del 28/01/2013, Viola, Rv. 254579, la quale ha precisato che tale regola di giudizio impone al giudice di giungere alla condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità; cfr. anche, in tal senso, Sez. 1, n. 41110 del 24/10/2011, Javad, Rv. 251507).

6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2015.

 

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