Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 20594 del 22 maggio 2008
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 20594 del 22/05/2008
Circolazione Stradale - Art. 182 del Codice della Strada - Conduzione dei velocipedi - Azionare il dispositivo di segnalazione acustica del velocipede per richiamare l'attenzione del pedone intento ad attraversare un tratto di strada riservata ai soli pedoni invece che attendere la conclusione dell'attraversamento della sede stradale da parte dello stesso, non esclude le restanti cautele richieste dalle norme di comune prudenza e da quelle specifiche inerenti la disciplina della circolazione dei veicoli.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Con sentenza dell'11 novembre 2004 il Giudice di Pace di Milano dichiarava L. F. A. colpevole del reato di cui all'art. 590 cod. pen. commesso in danno di B. F., condannandola per l'effetto a pena ritenuta di giustizia.
L'imputata era stata tratta a giudizio con l'accusa che il (OMISSIS), percorrendo alla guida della propria bicicletta il Corso (OMISSIS) (strada riservata ai soli pedoni), per colpa generica e specifica, e segnatamente per avere violato il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 182, comma 4, che impone ai ciclisti di condurre a mano il veicolo quando le condizioni della circolazione li rendano di intralcio e/o di pericolo per la circolazione, aveva investito B. F., facendolo cadere a terra e procurandogli lesioni giudicate guaribili in 25 giorni.
In motivazione osservava il giudicante, per quanto qui interessa, che la responsabilità dell'imputata nella causazione dell'incidente risultava chiara e incontrovertibile, perchè, pur essendo emerso che, al momento dell'impatto, ella era sostanzialmente ferma e che, accortasi del sopraggiungere del B., il quale attraversava la strada trasversalmente da destra verso sinistra, senza guardare la bici, aveva ripetutamente scampanellato, aveva tuttavia omesso di adottare le ulteriori cautele imposte al guidatore di un veicolo, tra cui quella di interrompere la marcia in tempo utile a consentire al pedone di attraversare.
1.2 Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, L. F. A., chiedendone l'annullamento per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, mancanza e manifesta illogicità della motivazione per avere il giudice di merito affermato la sussistenza del nesso eziologico tra la sua condotta e l'evento, in spregio alle risultanze della compiuta istruttoria, dalla quale era emerso che era invece stato il B. ad investirla mentre ella era ferma in sella alla bicicletta, tanto vero che entrambi erano poi caduti sulla sinistra.
In tale contesto il giudice di merito avrebbe dovuto assolverla con formula piena o, quanto meno, i sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2.
2.1 Le doglianze sono destituite di ogni fondamento.
Alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e alla affermazione della responsabilità della prevenuta, sia pure in concorso di colpa con la parte offesa, il giudice di merito è invero pervenuto all'esito di un'analisi completa ed esaustiva di tutti gli elementi di fatto emersi dalla compiuta istruttoria nonchè sulla base di una corretta esegesi degli obblighi comportamentali imposti dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 182, comma 4, ai ciclisti che intercettino pedoni.
Segnatamente il decidente, evidenziato che l'imputata aveva sicuramente azionato la segnalazione acustica, ha escluso che siffatto comportamento esaurisse l'ambito delle cautele richieste dalle norme di comune prudenza e da quelle specifiche inerenti alla disciplina della circolazione dei veicoli, rilevando come la prevenuta, avvedutasi dell'intenzione del pedone di proseguire nella marcia, avrebbe dovuto attendere che lo stesso completasse l'attraversamento della sede stradale.
A fronte di tale apparato motivazionale le censure esposte in ricorso, volte a sostenere l'esclusiva responsabilità del pedone nella causazione dell'incidente, si risolvono nella prospettazione di una diversa lettura del contesto probatorio, preclusa in questa sede di legittimità: non è superfluo in proposito ricordare che la Cassazione non è giudice delle prove, nè deve sovrapporre la propria valutazione a quella che delle stesse hanno fatto i giudici di merito, ma deve stabilire - nell'ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato - se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, se nell'interpretazione del materiale istruttorio abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (confl. Cass. Sez. Un. 29 gennaio 1996, n. 930; Cass. Sez. 1, 4 novembre 1999, n. 12496).
Sotto altro, concorrente profilo, va poi esplicitato che la decisione adottata dal giudice a quo poggia su una corretta esegesi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 182, comma 4, che, al fine di prevenire incidenti, impone ai ciclisti, "quando, per le condizioni della circolazione, siano di intralcio o di pericolo per i pedoni", una completa assimilazione a questi: non par dubbio infatti che la localizzazione del sinistro in un'isola pedonale integrava le particolari condizioni di circolazione previsti dalla norma cautelare innanzi menzionata.
Ne deriva che i motivi, in quanto volti a introdurre censure precluse in sede di legittimità o manifestamente infondati, sono inammissibili.
Alla pronuncia segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè l'irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 616 cod. proc. pen., nella misura ritenuta equa di Euro 1.000,00, non esulando profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
La Corte di cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2008.
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