Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 12239 del 30 marzo 2005

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 12239 del 30/03/2005
Circolazione Stradale - Artt. 140 e 157 del Codice della Strada - Arresto, fermata e sosta dei veicoli - Apertura portiere - Sinistro stradale - Pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada - Responsabilità - L'apertura dello sportello di un veicolo, del lato che prospetta verso il centro della strada, è una manovra, che costituisce pericolo ed intralcio per la circolazione e va pertanto effettuata con ogni più opportuna cautela e senza costringere gli altri utenti della strada a manovra di emergenza.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

Bi. G. ricorre contro la sentenza in data 18 aprile 2002, con la quale la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato il ricorrente, a seguito di giudizio abbreviato, alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di omicidio colposo conseguente ad incidente stradale, commesso il 9.3.2001 in danno di De. Ca. Gi. Fr..

La Corte fonda la responsabilità dell'imputato sulla dinamica dell'incidente come ricostruita attraverso le fotografie acquisite del luogo ove si è verificato l'incidente e le dichiarazioni rese dallo stesso imputato alla polizia municipale, da cui emergeva che l'apertura improvvisa da parte del Bi. dello sportello dell'autovettura verso il lato strada cagionava la caduta del De. Ca. dal ciclomotore sul quale viaggiava ed il conseguente trauma cranico che provocava il decesso del medesimo.

A fondamento del ricorso il Bi. deduce due motivi.

Con il primo lamenta la manifesta illogicità della motivazione sotto il profilo della ritenuta erroneità delle conclusioni dei giudici di merito, poste a fondamento della decisione, giacché non avrebbero tenuto conto che dalle risultanze istruttorie emergeva che era stato il De. Ca. ad urtare contro la portiera dell'auto del ricorrente e non viceversa.

Con il secondo motivo, lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, fondata su precedenti penali, certamente non idonei, come del resto lo stesso reato in contestazione, a fondare un giudizio di pericolosità sociale del prevenuto.

Il ricorso è manifestamente inammissibile, risolvendosi in una censura di merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata.

Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex pluribus, Cass., Sez. 4^, 28 marzo 2001, Pometti).

Or bene, la lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure di illogicità articolate dal ricorrente, giacché ricostruisce con motivazione corretta e convincente le modalità dell'incidente stradale in termini coerenti con l'addebito di colpa generica e specifica formulato nei confronti del Bi.. E ciò fa attraverso la disamina dei dati obiettivi ricavati dai rilievi dell'incidente stradale.

In particolare, dalle fotografie e dal grafico allegato al rapporto dei VV.UU i giudici di merito hanno rilevato che l'incidente si è verificato in una strada a doppio senso di marcia, con due corsie di canalizzazione del traffico, in quella di destra più vicina al marciapiede presso cui il ricorrente aveva parcheggiato la propria autovettura, per cui il De. Ca. non aveva autoveicoli che sopraggiungessero di fronte in quanto incanalati nella corsia di loro pertinenza.

La situazione dei luoghi esclude, pertanto, come ragionevolmente rilevato dalla Corte di merito, che la vittima abbia perso l'equilibrio e sia caduto nel tentativo di sorpassare l'autovettura del Bi., vedendo sopraggiungere altro veicolo in senso di marcia.

La dinamica del sinistro, come ricostruita dai giudici di merito, trova altresì conferma nelle dichiarazioni rese dall'imputato nella immediatezza del fatto, allorché ammise che non si era accorto del sopraggiungere del motoveicolo.

La conclusione cui è pervenuto il giudice di merito è indubbiamente esatta in diritto, tenuto soprattutto conto che l'apertura dello sportello di un veicolo, del lato che prospetta verso il centro della strada, è una manovra, che costituisce pericolo ed intralcio per la circolazione e va pertanto effettuata con ogni più opportuna cautela e senza costringere gli altri utenti della strada a manovra di emergenza. Ne deriva un giudizio convincente sulla riconducibilità della responsabilità dell'incidente alla esclusiva condotta colposa, generica e specifica, dell'odierno ricorrente, che non ammette censure in sede di legittimità.

Anche il secondo motivo è manifestamente infondato e, per l'effetto, inammissibile, giacché vorrebbe che in questa sede si procedesse ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali i giudici di merito hanno esercitato del potere discrezionale loro concesso dall'ordinamento ai fini della determinazione della pena e del riconoscimento / diniego delle circostanze di reato (nella specie, delle circostanze attenuanti generiche).

Il ricorrente dimentica di considerare, in proposito, che, per assunto pacifico, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio. Il relativo apprezzamento non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Tale potere di censura non è qui esercitabile ove si consideri che la decisione di negare le attenuanti generiche - basata sull'apprezzamento dei precedenti specifici dell'imputato - è stata dal giudicante correttamente basata proprio su taluno dei parametri indicati nell'art. 133 c.p., la cui riconosciuta precipua rilevanza nel caso concreto non può qui sindacarsi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2005.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2005.

 

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