Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, sentenza n. 16745 del 9 agosto 2005

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, sentenza numero 16745 del 09/08/2005
Circolazione Stradale - Artt. 195, 196 e 202 del Codice della Strada - Applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie - Principio di solidarietà - L'azione di regresso di cui all'art. 196 c.d.s. riconosciuta al proprietario del veicolo, solidalmente responsabile con l'autore delle infrazioni al codice della strada punibili con sanzione amministrativa, non trova fondamento in una responsabilità contrattuale od extracontrattuale, ma nella surrogazione legale del proprietario nel diritto al pagamento di una somma nei confronti di colui verso il quale la sanzione è diretta e che ha dovuto corrispondere non per una sua condotta illecita, ma per il mero fatto di non avere provato che la circolazione del veicolo era avvenuta contro la sua volontà.


RITENUTO IN FATTO

Il Giudice di Pace di Pordenone con sentenza dell'11 dicembre 2002, in accoglimento della domanda proposta da J. P. R. nei confronti della moglie L. Po. con atto notificato il 30 luglio 2002, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, condannò la Po. al pagamento in favore del J. P. della somma di E. 284,04, quale rimborso della metà dell'importo di diverse sanzioni amministrative per violazioni del divieto di sosta ed altro, accertate nel periodo 1994/96 in relazione ad un'auto intestata all'attore.

Osservò il giudice che era stato accertato l'uso prevalente dell'auto da parte della Po. e la sua responsabilità per le sanzioni irrogate, il cui ammontare nel tempo era raddoppiato, ma che era equo dimezzare l'importo, di cui era stato domandato, in quanto il marito J. P. aveva omesso di verificare che la propria auto fosse usata in modo appropriato.

La Po. è ricorsa con sei motivi per la cassazione della sentenza ed lo J. P. ha resistito con controricorso notificato il 10 aprile 2003, depositando successiva memoria.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, 2 co., c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va dichiarata l'inammissibilità del controricorso proposto in virtù di procura rilasciata in calce alla copia notificata del ricorso per Cassazione, anziché in calce o a margine del controricorso, sia perché tale modalità di conferimento non fornisce la prova certa del rilascio del mandato in epoca anteriore o coeva alla notificazione del controricorso, sia perché la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi da quelli indicati nel 3 comma dell'art. 83, c.p.c. (cfr.: Cass. civ., sez. un., sent. 19 novembre 2001, n. 14539).

L'inammissibilità si estende, a norma dell'art. 370, 1 co., c.p.c., alla memoria depositata prima dell'udienza dal controricorrente (cfr.: Cass. civ., sez. 2^, sent. 24 maggio 2004, n. 9916).

La ricorrente con i sei motivi denuncia la nullità della sentenza impugnata:

1) per il mancato rilievo dell'improponibilità od inammissibilità della domanda svolta nei suoi confronti, atteso che in pendenza del giudizio di separazione non sarebbe esperibile da uno dei coniugi nei confronti dell'altro un'azione di responsabilità extracontrattuale che trovi il suo fondamento nel rapporto coniugale e nell'utilizzo dei beni familiari;

2) per a violazione degli artt. 40 e 295, c.p.c., in quanto competente a conoscere della controversia sarebbe stato, per connessione, il Tribunale di Pordenone, davanti al quale pendeva il giudizio di separazione, e, in ogni caso, la causa avrebbe dovuto essere sospesa sino alla definizione di quel giudizio;

3) per la violazione di istituti di rango costituzionale e di principi generali dell'ordinamento giudico, giacché non avrebbe potuto essere decisa secondo equità una causa attinente al rapporto di coniugio, essendo questo disciplinato, sotto il profilo sia personale che patrimoniale, da norme di rilevanza pubblicistica;

4) per vizio di motivazione, in quanto non era emersi nel giudizio la commissione da parte sua delle violazione al codice della strada e, in ogni caso, un suo uso non appropriato dell'autoveicolo;

5) per violazione dell'art. 184, c.p.c., giacché aveva ammesso la prova sull'uso prevalente del veicolo da parte sua, benché non rilevante nell'accertamento dell'autore delle violazioni;

6) per violazione dei principi regolanti la materia dei rapporti personali e patrimoniali fra i coniugi ed il regime patrimoniale dei beni vigenti inter partes.

I motivi sono tutti manifestamente infondati.

Il primo, il terzo ed il sesto, che traggono argomento dai rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi e dalla natura dell'azione esercitata, eludono il principio della responsabilità personale per le violazioni delle norme amministrative e dell'obbligo gravante sull'autore degli illeciti di soggiacere alle sanzioni per esse applicate.

L'azione di regresso, riconosciuta dall'art. 196, u.c., cod. strad., e, in via generale dall'art. 6, u.c., l. 24 novembre 1981, n. 689 (modifiche al sistema penale) al proprietario del veicolo, solidalmente responsabili con l'autore delle infrazioni al codice della strada punibili con sanzione amministrativa, non trova, infatti, il suo fondamento in una responsabilità contrattuale od extracontrattuale, che possa essere derogata, o diversamente caratterizzata, in ragione dei reciproci diritti o doveri nascenti dal vincolo coniugale tra le parti del rapporto, bensì nella surrogazione legale del proprietario nel diritto al pagamento di una somma nei confronti di colui verso il quale la sanzione è diretta e che ha dovuto corrispondere non per una sua condotta illecita, ma per il mero fatto di non avere provato che la circolazione del veicolo era avvenuta contro la sua volontà.

La medesima considerazione vale ad escludere la condivisibilità del secondo motivo, che dall'inerenza del debito al rapporto coniugale intende desumere una connessione tra il giudizio di regresso e quello di separazione dei coniugi, peraltro non eccepita nel termine stabilito dall'art. 38, 1 co., c.p.c. Il quarto ed il quinto motivo, che attengono alla motivazione della decisione impugnata, scontano i limiti imposti al sindacato delle sentenze pronunciate secondo equità dal giudice di pace in una controversia di valore non superiore a quello indicato dall'art. 113, c.p.c., come modificato dall'art. 1-bis, d.l. n. 18/2003, e, in particolare, quello della rilevabilità in sede di legittimità della sola inesistenza, materiale od ideologica, della motivazione stessa.

Orbene, sotto il profilo estrinseco, deve escludersi che la decisione non consenta di identificare la ratio decidendi, giacché ha indicato la fonte dell'obbligo della convenuta di pagamento delle sanzioni nella sua qualità di autrice delle violazioni, e, sotto quello intrinseco, che non abbia indicato le fonti del convincimento espresso in ordine al preminente uso dell'auto della moglie ed all'individuabilità solo nei coniugi dei conducenti ai quali addebitare la commissione delle infrazioni.

Costituisce, inoltre, un giudizio insindacabile, in quanto attiene al giudizio intuitivo sul quale si fonda da cd. equità formativa, l'affermazione della sentenza che, essendo utilizzata prevalentemente l'auto dalla convenuta per le incombenze familiari ed usufruendo l'attore di un'auto aziendale per svolgere il suo lavoro, doveva ritenersi, secondo un criterio statistico di consequenzialità, di per sè non illogico, tenuto conto che non è stato dedotto un diverso grado di perizia o di educazione stradale di ciascuna parte e che era oggettivamente impossibile verificare a distanza di oltre sei anni il detentore del veicolo ne momento dell'accertamento delle singole violazioni, che le infrazioni e le loro sanzioni andassero addebitate in egual misura a ciascuno dei coniugi.

Alla manifesta infondatezza di tutti i motivi segue quella del ricorso con esonero, per l'inammissibilità del controricorso, dalla condanna alle spese dell'intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il controricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2005.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2005.

 

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