Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 24944 del 20 giugno 2001
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 24944 del 20/06/2001
Circolazione Stradale - Artt. 193 del Codice della Strada - Sinistro stradale - Ricostruzione nella dinamica ed eziologia - La ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia: valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente, è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.
RITENUTO IN FATTO
Verso le ore 18 del 19/10/1993, S. G. rimaneva vittima di un incidente stradale: investito dall'auto "(OMISSIS)" Volkswagen tg. (OMISSIS) da tergo, mentre stazionava a piedi sul margine della carreggiata, lo S. riportava lesioni personali di tale gravità che ne causavano il decesso.
Si procedeva penalmente a carico del conducente della Volkswagen, P. S., il quale, all'esito delle indagini preliminari, veniva tratto a giudizio dinanzi al Pretore di Siena per rispondere del reato di omicidio colposo, con l'aggravante della violazione delle norme sulla circolazione stradale, in relazione a profili di colpa generica - e cioè imprudenza, negligenza ed imperizia - nonché con riferimento ai seguenti elementi di colpa specifica: violazione degli artt. 140, 141 e 142 del codice stradale per avere mantenuto una velocità indebita in località da ritenersi centro abitato, e comunque non consona alle condizioni di semi-oscurità in atto e tale da non permettere adeguato controllo del mezzo e l'adozione di manovre di emergenza e/o diversive.
All'esito dell'istruttoria dibattimentale il Pretore perveniva all'assoluzione del P., ai sensi dell'art. 530, comma secondo, c.p.p., con la formula perché il fatto non costituisce reato, osservando in motivazione, sostanzialmente, che non poteva dirsi raggiunta la prova certa che il P. avesse circolato procedendo ad una velocità inadeguata, e ciò per la mancanza di testi oculari (tranne una persona che era in compagnia dello S. ma non aveva visto la dinamica del sinistro) e per l'assenza di tracce di frenata: al riguardo il Pretore rilevava che la circostanza che l'auto si fosse fermata per inerzia a circa 40 metri dal punto d'urto, induceva peraltro ad ipotizzare una velocità di circa 40/45 km/h che non poteva considerarsi elevata né superiore a limiti eventualmente presenti nella zona.
A seguito di gravame proposto dal Procuratore Generale territorialmente competente, la Corte d'Appello di Firenze, in riforma dell'impugnata sentenza, affermava la penale responsabilità del P. condannandolo, con la concessione delle attenuanti generiche valutate prevalenti sull'aggravante contestata e con il riconoscimento del concorso di colpa della vittima nella misura del 50%, alla pena di mesi quattro di reclusione, con i doppi benefici di legge, nonché alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi tre.
La Corte di merito motivava il suo convincimento, circa la ritenuta colpevolezza del P., con argomentazioni che possono sinteticamente così riassumersi: a) il P., pur avendo percepito (per sua stessa ammissione) la presenza di due pedoni fermi sul limite destro della carreggiata non si era comportato in maniera adeguata ed osservante delle contestate norme di condotta, sia specifiche che generiche; b) il P., invero, tenuto conto delle ridotte dimensioni della sede stradale (circa 5 metri), della circolazione a doppio senso di marcia e dell'uso dei fari da parte dei veicoli in circolazione, della mancanza di marciapiede, della scarsa visibilità per l'incombente buio serale, dell'avvicinarsi - nell'opposto senso di marcia - di un furgone il cui ingombro era sicuramente maggiore di quello di un'autovettura, ed avendo avuto percezione dei due pedoni, avrebbe dovuto ridurre la velocità, anche fino a fermarsi, o, almeno, avrebbe dovuto avvisare per tempo in qualche modo i due pedoni del suo sopraggiungere; c) se tale fosse stato il comportamento del P., l'incidente con molta probabilità non si sarebbe verificato ovvero le sue conseguenze non sarebbero state così gravi; d) pur volendo dare per scontato che lo S. si era all'improvviso spostato verso il centro della strada - in tal modo contribuendo alla produzione dell'evento in una misura quantificabile nel 50% - doveva concludersi che il comportamento colposo del P. aveva agito come concausa.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato articolando diversi motivi di censura che possono così riassumersi: 1) omessa motivazione in merito all'eccezione di inammissibilità dell'appello del P.G. sollevata dalla difesa in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado, per aver ipotizzato l'appellante profili di colpa non contenuti nell'originaria contestazione, e nullità della sentenza della Corte d'Appello per violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza per aver la Corte territoriale basato il giudizio di penale responsabilità su elementi di colpa non contestati all'imputato (quale ad esempio l'omesso uso del dispositivo acustico per segnalare ai pedoni il proprio sopraggiungere); 2) erronea ricostruzione della dinamica dell'incidente in base ai dati acquisiti al processo; 3) vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità, essendosi la Corte di merito espressa al riguardo in termini di probabilità; 4) violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno ed alla omessa applicazione di sanzione sostitutiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato per l'infondatezza delle censure dedotte.
Per quel che riguarda il secondo ed il terzo motivo, si tratta di doglianze che attengono sostanzialmente ad apprezzamenti di merito concernenti la ricostruzione della dinamica del sinistro: al riguardo la Corte territoriale ha fornito congrua motivazione, evidenziando le risultanze processuali ed indicando gli elementi tenuti presenti ai fini del giudizio. Con riguardo alla specifica materia della circolazione stradale, nella giurisprudenza di legittimità è stato enunciato, e più volte ribadito, il principio secondo cui "la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione" (in tal senso, tra le tante, Sez. 4, N. 87/90, imp. Bianchesi, RV. 182960). Per quanto concerne il nesso di causalità, parimenti la Corte territoriale ha dato conto del suo convincimento laddove, pur ritenendo sussistente il concorso di colpa del pedone, ha però precisato che, ove la condotta di guida dell'imputato fosse stata rispettosa della normativa ed ispirata a criteri di prudenza, il sinistro "con molta probabilità" non si sarebbe verificato: sulla possibilità per il giudice di merito di avvalersi di criteri probabilistici questa Corte si è già pronunciata in senso affermativo (Sez. 4, N. 4793/91 - ud. 6/12/1990 - imp. Bonetti ed altri, RV. 191791).
Passando esaminare il primo motivo, non è rilevabile alcun vizio motivazionale in ordine alla eccezione di inammissibilità dell'impugnazione, sollevata dalla difesa nel rassegnare le conclusioni, così come non è ravvisabile la dedotta violazione del principio di correlazione: ed invero la Corte d'Appello (alla cui cognizione - con l'impugnazione del Procuratore Generale, esaminata nel merito e quindi ritenuta ammissibile, ed a prescindere dalle specifiche argomentazioni contenute nell'atto di impugnazione - era stata devoluta nel suo complesso la valutazione della posizione dell'imputato in relazione al reato oggetto della contestazione), ha accennato all'omesso uso del dispositivo acustico solo come ulteriore ed eventuale profilo di colpa, dopo aver però evidenziato l'avvenuta violazione delle altre norme la cui inosservanza era stata contestata al P. con il capo di imputazione; ed in ogni caso giova sottolineare che l'addebito era stato comunque mosso al P. anche sotto il profilo della colpa generica (imprudenza, negligenza ed imperizia), come è agevole rilevare dalla formulazione del capo di imputazione. Anche le doglianze di cui al quarto mezzo di censura - riferibili al trattamento sanzionatorio - risultano infondate. Quanto all'attenuante prevista dall'art. 62 n. 6 cod. pen., alcun obbligo motivazionale sussisteva per la Corte territoriale relativamente alla mancata concessione della stessa, non essendovi stata alcuna sollecitazione, per il riconoscimento dell'attenuante, da parte della difesa dell'imputato che ben avrebbe potuto a ciò provvedere quanto meno in sede di conclusioni nel giudizio di appello instaurato a seguito di impugnazione del Procuratore Generale (in conformità, "ex plurimis", Sez. 4, n. 8039/95, imp. Abate, RV. 202026). Analogo discorso vale per le sanzioni sostitutive atteso che il giudice di appello non poteva applicarle di ufficio (sul punto, cfr. Sez. 1, n. 166/98 - ud. 26/9/1997 - imp. Gargano, RV. 209438); ed invero anche al riguardo deve sottolinearsi che, pur essendo stato il Procuratore Generale a proporre appello, la difesa ben avrebbe potuto chiedere detto beneficio quanto meno con le conclusioni: dal verbale di udienza si rileva che il difensore, nel rassegnare le conclusioni, si limitò invece ad eccepire l'inammissibilità della proposta impugnazione ed a chiedere la conferma della sentenza di primo grado.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 28 marzo 2001
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 GIU 2001.
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