Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, sentenza n. 2501 del 6 marzo 2000

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, sentenza numero 2501 del 06/03/2000
Circolazione Stradale - Artt. 196, 199 e 202 del Codice della Strada e artt. 6 e 7 della L. n. 689/1981 - Violazione amministrativa - Decesso del responsabile - Principio di solidarietà - Non trasmissibilità dell'obbligazione - Come è noto, il sopraggiunto decesso del responsabile della violazione amministrativa comporta l'estinzione dell'obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria a carico dello stesso, agli eredi e nei confronti del soggetto obbligato in solido con l'autore della violazione, poiché non potrebbe svolgere alcuna azione di regresso nei confronti di alcuno.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 16.12.1996, la s.p.a. (Soggetto 1) riassumeva davanti al Pretore di Roma l'opposizione avverso il decreto del Ministero del Tesoro n. (Omissis), notificato il 6.10.1995, già opposto dinanzi al Pretore di (Omissis), che con sentenza del 21.6.1996 aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio.

Assumeva l'opponente che, a seguito di procedimento penale per illeciti valutari intrapreso nei confronti del presidente della società, (Soggetto 2) e di altri membri del consiglio di amministrazione della stessa nonché di altre società ad essa asseritamente collegate, il (Soggetto 2) veniva condannato dal Tribunale di Milano. La Corte di appello assolveva il (Soggetto 2) da tutti i reati, alcuni per non aver commesso il fatto ed altri perché il fatto non era più previsto dalla legge come reato ed ordinava la trasmissione all'Ufficio Cambi Italiano. La U.I.C. notificava alla (Soggetto 1) ed al (Soggetto 2) il processo verbale di accertamento di infrazioni valutarie nel 1993 e quantificava la misura della sanzione in L. (Omissis), e determinava la somma da corrispondersi in solido.

Successivamente il Ministero del Tesoro emetteva decreto di ingiunzione.

Sia la (Soggetto 1) s.p.a che il (Soggetto 2) proponevano separate opposizioni.

Il Ministero del Tesoro, che davanti al pretore di (Omissis) si era costituito tramite l'Avvocatura dello Stato, non si costituiva davanti al Pretore di Roma, che ne dichiarava la contumacia.

Detto Pretore con sentenza del 23.6.1997 accoglieva l'opposizione, ritenendo che mancava il supporto probatorio in ordine all'effettiva commissione dell'illecito, essendo stata accolta l'opposizione proposta dall'autore materiale del fatto (Soggetto 2), con sentenza del Pretore di (Omissis) n. 3856/97.

Riteneva il suddetto giudice, invece, che non potesse accogliersi l'eccezione di prescrizione proposta dalla (Soggetto 1) s.p.a, in quanto il procedimento penale a carico dell'obbligato principale, (Soggetto 2), valeva ad interrompere la prescrizione nei confronti di questo e degli obbligati solidali.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Ministero del Tesoro.

Resiste la (Soggetto 1) s.p.a con controricorso ed ha anche proposto ricorso incidentale condizionato. La (Soggetto 1) ha anche presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi.

Con il primo motivo del ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 23 l. 24.11.1981, n. 689, in relazione agli artt. 3 e 4 c.p.c.

Assume il ricorrente che a norma dell'art. 23 l. n. 689/1981 il ricorso con decreto di fissazione di udienza deve essere notificato all'autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento opposto e ciò in deroga all'art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, sulla notifica degli atti presso l'Avvocatura dello Stato, nel caso che si tratti di autorità statale.

Nella fattispecie, essendo stata notificata l'opposizione presso gli uffici dell'Avvocatura generale dello Stato, detta notifica deve ritenersi nulla.

Il motivo è infondato e va rigettato.

Risulta, infatti, in punto di fatto dagli atti che l'opposizione fu proposta dalla (Soggetto 1) davanti al Pretore di (Omissis) con atto notificato al Ministero del Tesoro il 12.3.1996 e che davanti a detto Pretore l'opposto si costituì per il tramite dell'Avvocatura dello Stato; che a seguito della sentenza dichiarativa della propria incompetenza da parte del Pretore di (Omissis), in favore del Pretore di Roma, la causa fu riassunta davanti a quest'ultimo con atto di riassunzione notificato all'Avvocatura dello Stato.

Osserva preliminarmente questa Corte che nei giudizi di opposizione all'ordinanza -ingiunzione, con la quale sia stata irrogata una sanzione amministrativa, gli atti vanno notificati all'autorità che ha emanato l'ordinanza solo quando questa si sia fatta rappresentare da un proprio funzionario o sia rimasta contumace, ai sensi dell'art. 23 l. n. 689/1981. Quando, invece, il patrocinio dell'amministrazione sia stato assunto dall'Avvocatura erariale, l'atto di riassunzione del giudizio, deve essere notificato presso l'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 11 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Cass. 11.7.1996, n. 6321, con riferimento all'ipotesi di riassunzione a seguito di annullamento con rinvio della sentenza impugnata).

Ne consegue che nella fattispecie, essendosi l'amministrazione costituita per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, correttamente l'atto di riassunzione del giudizio davanti al Pretore di Roma è stato notificato all'Avvocatura erariale.

Ritiene questa corte che vada dichiarato inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse a seguito di cessazione della materia del contendere, il ricorso proposto dal Ministero del Tesoro.

Emerge, infatti, dalla documentazione prodotta ai sensi dell'art. 372 c.p.c. dai difensori della (Soggetto 1) che il (Soggetto 2) è deceduto il 10.8.1998.

Va, anzitutto, rilevato che poiché detta certificazione di morte del soggetto nei cui confronti è stata irrogata la sanzione pecuniaria, attiene alla dimostrazione della cessazione della materia del contendere e, quindi, come più diffusamente si vedrà in seguito, all'inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, detta documentazione può essere depositata a norma dell'art. 372 c.p.c. (Cass. 22.11.1994, n. 9867; Cass. 20.12.1988, n. 6957; Cass. ord. 13.6.1987, n. 399).

Osserva preliminarmente questa Corte che alle violazioni tributarie, anche se commesse prima dell'entrata in vigore della legge 24.11.1981, n. 689 (come nella specie) è applicabile l'art. 7 di tale legge in base al quale l'obbligazione di pagare la somma dovuta non si trasmette agli eredi, atteso che all'epoca della commissione della violazione la trasmissibilità agli eredi non era esplicitamente prevista dalla normativa valutaria e che le disposizioni contenute nel capo I della legge citata (in cui sono compresi gli artt. 6 e 7) sono di applicazione immediata anche nei giudizi inerenti ad infrazioni commesse prima dell'entrata in vigore della legge.

Pertanto il disposto dell'art. 23, c. 1, del d.p.r. 29.9.1987, n. 454 che ha dichiarato espressamente applicabile alle violazioni amministrative valutarie l'art. 7 cit., ha una portata non innovativa, ma esplicativa di un principio già vigente (Cass. 25.10.1997, n. 105534; Cass. 4.12.1996, n. 10823; Cass. 15.2.1995, n. 1636; Cass. 7.10.1996, n. 8759; contra: Cass. 21.12.1991, n. 1873).

Ne consegue che nella fattispecie il decesso del (Soggetto 2) ha comportato l'estinzione dell'obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria a carico dello stesso, come ha rilevato questa Corte con sentenza in data odierna nei ricorsi riuniti n. 10026, 13747; 13540, 16143, 13821 del 1997.

Sennonché il decesso del responsabile della violazione valutaria comporta l'estinzione dell'obbligazione di pagare la relativa sanzione anche nei confronti del soggetto obbligato solidalmente (nella specie la (Soggetto 1)).

Il principio, già affermato da questa Corte (Cass. 2.3.1994, n. 2064) in tema di obbligazione solidale al pagamento di sanzioni pecuniarie per infrazioni amministrative (art. 6 l. n. 689/1981), va affermato anche allorché dette infrazioni amministrative abbiano oggetto valutario.

Infatti ove un'infrazione valutaria sia stata commessa nell'interesse di una società di capitali e dalla quale essa abbia tratto vantaggio (nella specie illegale costituzione di disponibilità all'estero) sussiste una responsabilità solidale della società medesima ai sensi dell'art. 4, r.d.l. 5.12.1938, n. 1928 (Cass. 6.5.1991, n. 4995).

Trattasi di responsabilità solidale identica a quella prevista dall'art. 6 della l. n. 689/1981, per la quale si è ritenuto che, poiché una persona giuridica non può essere mai autore della violazione cui si riconnette la sanzione, essa è tenuta "ex lege" solo in via solidale con l'autore dell'illecito al pagamento della sanzione, ma sempre che detto illecito sussista (e sia accertato) a carico di quest'ultimo (Cass. 5.7.1997, n. 6055).

Il testo letterale dell'art. 7 della legge n. 689/81, ("L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi"), come sopra detto applicabile anche alle infrazioni valutarie, si riferisce, direttamente, ai soli eredi dell'obbligato, sia esso il responsabile dell'illecito ovvero l'obbligato in via solidale (perché rientrante in una delle figure previste dal precedente art. 6).

Non può, però, non darsi rilievo anche all'ultimo comma dell'art. 6, che attribuisce all'obbligato solidale (che ha pagato la sanzione pecuniaria) il "diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione".

Tale regresso non è possibile contro gli eredi di detto autore, perché altrimenti sarebbe praticamente inutile il disposto dell'art. 7, venendo gli eredi a subire comunque le conseguenze sanzionatorie della violazione, essendo tenuti a pagare non più verso l'amministrazione, ma verso l'obbligato solidale (che abbia adempiuto l'obbligazione sanzionatoria).

Le due disposizioni normative qui considerate non sono contraddittorie: ambedue esprimono il principio della personalità della sanzione amministrativa, che pertanto viene meno (o si estingue) con la morte dell'autore dell'illecito.

Illuminante è, in tal senso, l'origine dell'art. 7, che ripete l'uguale testo dell'art. 4 della L. 3 maggio 1967 n. 317, la quale è stata la prima legge di depenalizzazione e, proprio perché si è riferita ad illeciti costituenti in precedenza reato, ha inteso mantenere il principio penalistico della estinzione del reato e della pena per morte del reo (v. gli artt. 150 e 171 c.p.). Quando si è trattato di estendere la regola della intrasmissibilità agli eredi della sanzione amministrativa dal campo dell'illecito depenalizzato (v. anche l'art. 4 della legge 24 dicembre 1975 n. 706) a quello dell'illecito amministrativo in generale, anche se non proveniente da reato (che è l'ambito di applicazione della legge n. 689/81: v. l'art. 12), ciò non è avvenuto senza contrasti, risultanti dal fatto che nel testo approvato per la prima volta dal Senato (il 13 maggio 1981) l'attuale art. 7 (corrispondente all'art. 17 del testo approvato dalla Camera il 18 dicembre 1980) più non compariva. Ma il testo finale della legge n. 689/81 non solo ha confermato la scelta della intrasmissibilità agli eredi della sanzione, ma ha aggiunto la disciplina del regresso a favore dell'obbligato solidale, prevedendolo per l'intero, mentre il regresso non era in precedenza disciplinato dalle precedenti leggi di depenalizzazione, che pure introducevano ipotesi di solidarietà (art. 3 della legge n. 317-67 e art. 3 della legge (n. 706-75).

La previsione del regresso (per l'intero) nei confronti del solo autore della violazione (e non anche agli eredi) toglie ogni dubbio sul fatto che la morte di detto autore incide non soltanto sull'obbligazione sanzionatoria (che quest'ultimo ha nei confronti dell'amministrazione), ma altresì nei rapporti interni tra i diversi obbligati, determinando il venir meno dell'obbligazione di rimborso verso l'obbligato solidale che ha pagato, posta dalla legge a carico dell'autore della violazione. La morte di quest'ultimo, cioè, estingue sia l'obbligazione interna verso l'obbligato solidale (che ha pagato).

L'ultimo comma dell'art. 6 consente, pertanto, di configurare con precisione la figura dell'obbligato solidale per la sanzione amministrativa: questi non è un obbligato sussidiario per l'ipotesi di insolvibilità del condannato (come il civilmente obbligato per la multa o per l'ammenda: artt. 196 - 197 c.p.), ma non concretizza neanche una forma normale di solidarietà, in cui l'obbligazione nei rapporti interni si divide tra i diversi debitori (art. 1298 c.c.).

Si realizza, invece, la figura, prevista come eccezione dallo stesso art. 1298, dell'obbligazione solidale prevista (dalla legge) nell'interesse esclusivo di uno solo degli obbligati solidali, e cioè dell'autore della violazione, onde essa non si ripartisce nei rapporti interni tra gli obbligati solidali, restando sempre a carico del debitore principale. La posizione dell'obbligato solidale ex art. 6 può, quindi, dirsi accessoria rispetto a quella del debitore principale.

Nella solidarietà prevista nell'interesse esclusivo di uno solo degli obbligati solidali, secondo i principi civilistici, il fatto estintivo dell'obbligazione, che attiene all'obbligato principale, produce effetti anche sull'obbligazione del debitore accessorio, che rimane anch'essa estinta. La morte del debitore principale (autore della violazione) cioè, produce l'estinzione non solo della obbligazione sanzionatoria posta a suo carico, ma altresì di quella dell'obbligato solidale (mentre nel caso inverso, la morte di quest'ultimo non va a vantaggio del primo).

L'orientamento opposto potrebbe porsi contro il principio costituzionale dell'art. 3, perché creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i diversi obbligati solidali, che subirebbero o meno l'incidenza definitiva della sanzione a seconda che la morte dell'autore della violazione avvenga prima o dopo il soddisfacimento del diritto di regresso.

L'obiezione di maggiore consistenza, che è stata mossa alla suddetta interpretazione, è quella che fa leva sul disposto dell'art. 14, ultimo comma, della legge n. 689/81, secondo cui la mancata notifica della violazione al suo autore produce l'estinzione dell'obbligazione a carico di quest'ultimo, ma non anche l'estinzione dell'obbligato solidale. Tale disposizione, infatti, sancisce espressamente la non estensione all'obbligato solidale di una causa di estinzione relativa all'autore della violazione (omessa contestazione entro il termine previsto dalla legge).

Va però rilevata la profonda differenza tra la causa estintiva prevista dall'art. 7 e quella indicata nell'art. 14.

Mentre, nella prima, la morte incide sull'illecito, facendolo venir meno a causa della personalità della responsabilità amministrativa disciplinata dalla legge n. 689/81, nella seconda l'illecito rimane, venendo meno soltanto la possibilità per l'amministrazione di applicare la sanzione, a causa di un ostacolo procedimentale di essenziale rilievo (perché attinente all'esercizio del diritto di difesa).

La conseguenza è che, in quest'ultima ipotesi, l'obbligato solidale che ha pagato la sanzione, come si è affermato in dottrina, ha diritto di regresso per l'intero contro l'autore della violazione, il quale, ovviamente, potrà, nel relativo giudizio, sostenere la propria assenza di responsabilità in ordine alla violazione, determinando un accertamento giudiziale incidenter tantum sul punto e con effetti solo nei rapporti interni (e non anche rispetto all'amministrazione).

In conclusione, quindi la morte dell'autore della violazione valutaria determina non solo la intrasmissibilità ai suoi eredi dell'obbligazione di pagare la somma dovuta per la sanzione, ma altresì la estinzione dell'obbligazione a carico dell'obbligato solidale.

L'estinzione dell'obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria, comporta in ipotesi di pendenza di giudizio di opposizione all'ordinanza - ingiunzione di pagamento della sanzione, la cessazione della materia del contendere sia in ordine alla sussistenza della responsabilità, sia relativamente all'entità della sanzione applicata. Tale cessazione della materia del contendere, fa venir meno la pronuncia sull'opposizione, ove avvenga nel corso del giudizio di impugnazione, e comporta l'inefficacia sopravvenuta dell'ordinanza ingiunzione (Cass. 29.5.1993, n. 6048)

Per quanto a volte si ritenga che in siffatta ipotesi di cessazione della materia del contendere, la pronuncia debba essere formulata in questi termini, pur se non espressamente prevista dalla legge processuale (Cass. n. 6048/1993 cit.), ritiene questa Corte di dover aderire all'orientamento secondo cui la cessazione della materia del contendere dia luogo ad inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse (in questo senso, per quanto, in diversa fattispecie, Cass. S.U. 5.3.1993, n. 2674).

Infatti l'interesse ad agire (e quindi anche l'interesse all'impugnazione) deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l'azione (o l'impugnazione), ma anche nel momento della decisione, poiché è in relazione a tale decisione (almeno come astrattamente richiesta) che va valutato detto interesse.

Ne consegue che, poiché la morte del soggetto a cui era stata irrogata la sanzione pecuniaria, comporta l'estinzione della stessa anche nei confronti dell'obbligato solidale, e quindi la cessazione della materia del contendere, ciò dà luogo all'inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Ne consegue che nella fattispecie va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Ministero del Tesoro.

Rimane, quindi, assorbito il ricorso incidentale condizionato del (Soggetto 2).

Esistono giusti motivi per ritenere compensate tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero del Tesoro ed assorbito il ricorso incidentale della (Soggetto 1).

Compensa per intero tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, lì 15 ottobre 1999.

Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2000.

 

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