Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, sentenza n. 12148 del 9 dicembre 1993

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, sentenza numero 12148 del 09/12/1993
Circolazione Stradale - Art 1 del Codice della Strada - Principi generali - Applicazione norme del CdS - Se è vero che le norme del codice della strada si applicano alle strade pubbliche od aperte al pubblico transito, le stesse tuttavia, quali norme di comune prudenza, vanno osservate anche sulle strade private in qualsiasi modo soggette al transito veicolare.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 20.3.1990 Ros. D. esponeva che il 4.11.1989 procedeva alla guida della Fiat "(omissis)" targata (omissis) in corrispondenza dell'area privata annessa al n. 5 di via M., aperta al pubblico, allorché era stato investito dalla Citroen targata (omissis), condotta da Rov. F., il quale eseguiva una retromarcia senza la dovuta prudenza, e di avere ricevuto dalla società assicuratrice del danneggiante la somma di L. 700.000 inferiore al danno subito, ammontare a L. 1.382.340. Ciò premesso, conveniva in giudizio, dinanzi al Conciliatore di C., il Rov., chiedendone la condanna al risarcimento degli ulteriori danni.

Il convenuto si costituiva contestando la propria responsabilità. Assumeva che mentre operava la retromarcia, resa difficile dalla presenza di autovetture in sosta, e senza possibilità di avvedersi del sopraggiungere del veicolo dell'attore, anche a causa di piante, era stato investito dallo stesso, sopraggiunto ad elevata velocità mentre si trovava ormai fermo. Doveva quindi riconoscersi, quanto meno, un concorso di colpa dell'attore: era da ritenere adeguata, pertanto, la somma corrisposta dal proprio assicuratore, mentre il Ros. era tenuto a corrispondergli almeno il 50% dei danni a propria volta riportati. Il Rov. chiedeva, quindi il rigetto della domanda principale, nonché, riconvenzionalmente, la condanna dell'attore al risarcimento dei propri danni.

Dopo aver proceduto all'interrogatorio formale delle parti ed acquisito il rapporto dei Vigili Urbani, il Conciliatore, con sentenza 22.6.1990, rigettava la domanda del Ros., condannandolo al risarcimento dei danni in favore del convenuto. Rilevava che, trattandosi di area privata, non erano applicabili le norme del codice della strada, bensì il regolamento condominiale che raccomanda di usare il buon senso e la massima prudenza. Il Ros., che "nulla ha a che fare con la zona condominiale", non attenendosi a tale obbligo di prudenza, avrebbe "disinvoltamente" svoltato a sinistra, sulla via M., collidendo con l'autovettura del Rov. in quel momento ferma, a seguito di frenata: in tale situazione sarebbe ininfluente che il Rov. operasse una retromarcia.

Per la cassazione della sentenza ricorre il Ros., affidandosi a due motivi, illustrati da una successiva memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Col primo motivo il ricorrente assume la violazione dell'art. 22 l. 24.12.1969, n. 990, ed omessa pronuncia sull'eccezione relativa alla improcedibilità della riconvenzionale, in quanto proposta prima del decorso del relativo spatium deliberandi: la richiesta di risarcimento risultava spedita al proprio assicuratore, da parte del Rov., il 17.3.1990 (secondo quanto dichiarato dalla stessa controparte all'udienza del 12.6.1990), laddove la citazione era stata notificata il 20.3.1990.

Il motivo appare fondato.

Dopo alcune iniziali discordanze, può considerarsi, ormai, jus receptum, a seguito anche dell'intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, che l'onere della previa richiesta di risarcimento all'assicuratore, previsto dall'art. 22 della l. 24.12.1969 n. 990, ed il correlativo termine dilatorio, devono essere osservati anche nel caso che la domanda risarcitoria sia proposta dal convenuto in via riconvenzionale. La ratio della norma è quella di favorire, nel cosiddetto spatium deliberandi, la possibilità della liquidazione dell'indennizzo senza far luogo alla fase giudiziale contenziosa, sottraendo nel contempo l'assicuratore ad un aggravio di costi di gestione del servizio: la domanda riconvenzionale determina l'insorgere di una controversia diversa e distinta, sebbene inserita nel procedimento già pendente, che potrebbe essere evitata qualora l'assicuratore fosse posto in grado di addivenire ad un bonario componimento della vertenza in sede non contenziosa (Cass. 26.1.1987, n. 809; Cass. SS. UU. 11.11.1991, n. 12.006).

Nella specie la richiesta di risarcimento risulta inviata dal Rov. il 19.3.90 e ricevuta dall'assicuratore il 20.3.1990 sicché la domanda riconvenzionale non poteva ancora essere avanzata come lo è stata con la comparsa depositata il 27.3.1990, prima del termine di cui all'art. 22 citato.

In ordine alla relativa eccezione, avanzata in sede di precisazione delle conclusioni (sia pure con qualche ambiguità, sotto il profilo che sarebbe mancata agli atti la ricevuta di ritorno della raccomandata) manca qualsiasi pronuncia del Conciliatore (la stessa non è anzi, nemmeno riportata nella sentenza).

Trattasi, soprattutto, di una condizione di proponibilità dell'azione, verificabile anche di ufficio dal giudice (cass. 28.11.1978 n. 5601; 4.4.1980, n. 2222, etc.). 2. - Ugualmente fondato il secondo motivo, col quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 105 c.d.s. e carenza di motivazione. Il giudicante non avrebbe tenuto conto che nella specie trattavasi di strada aperta al pubblico, sicché andavano applicate le norme del C.d.s.: la relativa affermazione, contenuta nell'atto di citazione, non era stata, infatti, contestata. Il Conciliatore avrebbe fondato la decisione, inoltre, sulle affermazioni di controparte, anziché sulle effettive risultanze di causa, ed in particolare sugli accertamenti dei VV.UU. basati sulle dichiarazioni rese loro dal convenuto, e sul suo interrogatorio formale, atti dai quali potevasi evincere (attraverso lo sbarramento della "casella 14") che, al momento dell'urto, la retromarcia era ancora in corso.

E' noto che il giudizio di equità non esonera il Conciliatore dall'obbligo di una motivazione logica e, soprattutto, da quello di fondare le proprie conclusioni, a norma dell'art. 116 c.p.c., sulle prove acquisite agli atti.

Va anzitutto precisato che se è vero che le norme del codice della strada si applicano, a norma dell'art. 1, alle strade pubbliche od aperte al pubblico transito, le stesse tuttavia, quali norme di comune prudenza, vanno osservate anche sulle strade private in qualsiasi modo soggette al transito veicolare (Cass. pen. 10.3.1965, ric. Gennari; Cass. pen. 25.5.1983, n. 4820, etc.). Nella specie il Conciliatore ha, inoltre, omesso di valutare, come sottolinea il ricorrente, alcune circostanze decisive, ed in particolare: a) che dalla "dinamica" del sinistro riferita dai VV.UU. sulla base delle dichiarazioni rilasciate dai conducenti, risulta che l'urto è avvenuto mentre il convenuto "effettuava manovra di retromarcia"; b) che il Rov. ha dichiarato, nel corso dell'interrogatorio formale, di aver "frenato immediatamente" allorché si è avvisto del sopraggiungere dell'altra vettura e che al momento dell'urto la sua vettura "era praticamente ferma a seguito della frenata".

La sentenza impugnata dev'essere pertanto, cassata, con rinvio al Giudice Conciliatore di Treviso, cui può essere demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, mentre rimane assorbito il terzo motivo, relativo alla mancata applicazione dell'art. 2054 c. 2° c.c..

P.Q.M.
LA CORTE

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Giudice Conciliatore di Treviso.

Così deciso il 19 maggio 1993, nella Camera di Consiglio.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 1993.

 

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